lettere dal nord

metti una sera. metti in un ristorante di una citta' del nord europa (vabbe' facciamo hannover cosi' e' chiaro per tutti di chi si parla!). lei e' seduta al bancone dietro una birra chiara, lui invece, seduto al tavolo aspetta cio' che ha ordinato. gli sguardi si incrociano magicamente come due ballerini dell'opera, e' un gioco sottile,prendersi e perdersi l'uno nello sguardo dell'altra. arriva la sua sua birra e lui, con un impercettibile gesto fa' un metaforico brindisi alla sconosciuta del ristorante. lei ricambia, un po' imbarazzata ma contenta, e' un attimo, basterebbe alzarsi, una scusa, una sigaretta, un nome, un saluto. invece niente, il tempo passa e due rimangono immobili, lui consuma la sua cena e chiede il conto. lei, colta di sorpresa si alza, gli passa vicino, un esplicito invito, e va in bagno. lui esce chiedendosi che cosa lo ha bloccatto, non e' timidezza e neanche paura, e' qualcosa di piu' profondo, cosa non ha funzionato? perche' in una situazione cosi' evidente lui, un cacciatore nato, uno sciupafemmine, un uomo il cui imperativo e' sempre stato nessuna pieta', ha fallito? ed allora che rivede tutta la scena, ripassano nei suoi occhi i momenti sospesi, gli attimi fugaci in cui i loro sguardi si erano incontrati, gia', i loro sguardi, lo sguardo di un uomo e lo sguardo... lo sguardo...lo sguardo di un cesso! ecco perche', ecco perche' non ci ha provato, perche' comunque sia, qualunque cosa dica, non e' riuscito proprio ad abbattere quell'ultima barriera di orgoglio che lo separava da lei.

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